Prostituzione


Ci vuole molto più coraggio

*di Pier Giacomo Grampa

Giornale del Popolo - 06 febbraio 2013

Si torna a parlare di prostituzione per il dibattito in arrivo sulla nuova legge, che ne dovrebbe regolare l’attività.

Il pretesto che si tratti del lavoro più antico del mondo non è sufficiente per garantirne la liceità morale e per trascurare l’impegno di educare e di informare le nuove generazioni che si tratta di un lavoro immorale e degradante tanto per chi lo esercita come per chi ne usufruisce. Ridurre l’impianto legislativo alla sola esigenza di salvaguardare la libertà economica e al principio della limitazione dei danni è azione riduttiva ed insufficiente per un Paese che non voglia rinunciare a proposte degne di persone umane e responsabili. Il discorso deve essere più coraggioso e non deve limitarsi a garantirne la legalità, rinunciando ad arginare un fenomeno che è e resta corrotto, decadente ed indegno della persona.

Non si tratta di regolare la vendita di caramelle o di telefonini, ma di sfruttamento di uomini e donne, di persone umane ridotte a cose, vendute e comprate, come fossero oggetti. Non si dimentichi che il fenomeno, più che regolamentato, andrebbe arginato e comunque non favorito, perché non sempre ciò che è legale è da promuovere ma può anzi diventare spunto di sofferenza e di ingiustizia. Partire dal criterio che si debba solo limitarne certe conseguenze nocive e sgradite non basta. C’è attorno a queste attività un sottobosco di usure, sfruttamento, ricatti e criminalità che impongono di non coltivare l’illusione di poter rendere pulito ciò che in sé non lo è, e resta invece degradante.

Prevedere aree destinate a questi scopi è legale, in quanto iscritto nella legge vigente, per quanto i Comuni non vi siano tenuti. Regolamentare nei dettagli - come si propone - i luoghi di esercizio collettivo della prostituzione, è un nuovo passo verso la loro legittimazione e potrebbe favorirne la creazione. È facile scorgere le pericolose incidenze che ciò potrebbe avere - in un Paese che, come il Ticino, è anche di frontiera - sul tessuto sociale, come diffusione della corruzione.

Occorre un impegno civico di sensibilizzazione etica, di rigorosa educazione morale, di aperta condanna del degrado che inevitabilmente comporta l’estensione di un fenomeno che nessuna legge umana potrà mai rendere moralmente accettabile. Di tutto questo devono impegnarsi a dire qualcosa le famiglie, la scuola, le Chiese, i singoli cittadini.

L’aria inquinata non diventa pulita solo perché ci si illude di rinchiuderla in ambienti “ecologicamente corretti”, ma che non lavano più bianco, anzi rischiano di inquinare più subdolamente un Paese che non vuol diventare il “Paese dei bordelli”.

*Vescovo di Lugano

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